Sono passati pochi giorni dalla Notte dei Ricercatori che si è svolta a cavallo fra il Polo Didattico e i laboratori di Ricerca della Fondazione Neuromed, coinvolgendo 1.200 studenti del territorio molisano, istituzioni locali e nazionali, ricercatori e cittadini.
Una notte che ha saldato un nuovo capitolo della Cura per molti motivi.
Il primo è forse più squisitamente autobiografico.
Siamo entrati al Neuromed da “pazienti” – con tutte virgolette del caso, ma pur sempre all’interno di una relazione medico/paziente connotata dal cancro.
A distanza di circa quattro entriamo da quella stessa porta dialogando da partner.
Difficile non rimanere col fiato sospeso, per noi, di fronte a questa immagine.
Da un lato, una ricodifica che ci consente di tornare nel passato – nei luoghi di un passato segnato dalla chirurgia – con panni nuovi: due mondi e due modi di fare ricerca iniziano ad incontrarsi e a contaminarsi.
Dall’altro, la consapevolezza che quello col Neuromed è stato un incontro vero, una connessione che ha generato senso allora e continua a generarne oggi, evolvendosi insieme alla vita della Cura e della performance.
Il secondo è metodologico.
La presenza di BAOTAZ alla Notte dei Ricercatori, in uno dei più avanzati laboratori di neuro scienze a livello nazionale e internazionale, è indicativo di una tendenza e di una direzione in cui la Cura ha sempre lavorato: l’arte come catalizzatore di scienze e tecnologie.
Abbandonando qualsiasi funzione decorativa, l’arte diventa il driver dell’innovazione, apre immaginari e crea ponti con la società e la vita quotidiana delle persone.
Anche a livello istituzionale, questa nuova sensibilità si fa strada. Lo dimostra in Europa il varo di recenti programmi come STARTs – Science Technology and the Arts, interamente dedicati a promuovere l’intersezione e la presenza degli artisti nella ricerca scientifica di base e applicata, quanto nei settori industriali.
Al punto che Carlos Moeda, membro della Commissione Europea in carica per la Ricerca, nella conferenza stampa di apertura della convention di Lisbona “ICT 2015 – Innovate, Connect, Transform” afferma:
“I think that more and more we all understand that innovation in the future will be on the intersection of arts and sciences.”
Se la Cura dal suo inizio si è sempre posizionata in questo solco, la presenza di un oggetto come BAOTAZ alla Triennale prima e alla Notte dei Ricercatori poi è il segno tangibile di un riconoscimento reciproco e di un nuovo spazio di dialogo e di azione che la performance sta, di fatto, progressivamente generando.
Ciò ci riempie di gioia e ci restituisce il senso pieno di aver scritto questo libro, concependolo come uno strumento per “far accadere”.
Vi lasciamo con un estratto dal report di Nefula sull’evento, scritto da Marta Cecconi, che con estrema freschezza mette in luce quanto mettere nella stessa stanza e far dialogare scienziati, designer, artisti e cittadini possa essere prezioso:
It was an amazing experience.
First of all, we felt that BAOTAZ was in the right place.
[…]
Like healthcare devices, BAOTAZ is a tool to cure people. Not to “treat” but to “cure”. Because no patient is alone, and no disease concerns just one person. Thank to BAOTAZ everyone can see and feel on his/her body the planetary interconnection among people. It is a new augmented emphatic sense through which we could investigate ways in which people could connect with each other, using technology.
During these three days, while we’ve been explained the project to students, teachers, citizens, researchers and scientists, we had the proof of the importance of BAOTAZ in our technological era.
We find that – especially in healthcare field – is a common sense that technologies are made for single individuals. And, specifically, to analyse, take datas and information from the body of a single individual. In our imaginary a technological helmet reads mind. We have not words to describe the surprised and disappointed faces when we explained that BAOTAZ helmet doesn’t read minds but makes possible to feel other people’s emotions on your body.
It’s the end of egocentric tech and the start of empathic tech.
[…]
BAOTAZ makes us able to have physical visualisation of our hyper-connected world, and to highlight such implications, confronting with them to raise public discussions.
Emilia Belfiore, Ilaria Pucci, Pasquale Passarelli, Vincenzo Esposito, Roberto Terracciano, Marta Cecconi, Rudy Faletra e tutto lo staff del Neuromed per il supporto e per aver reso possibile questa collaborazione.
Gli studenti in visita alla Fondazione Neuromed, 28-29 settembre 2016
La Notte dei Ricercatori, 30 settembre 2016, Fondazione Neuromed