La Cura, il Festival delle Generazioni e la Politica delle Interfacce

La Cura sarà presente al Festival delle Generazioni organizzato e promosso da FNP Cisl, un evento a cadenza biennale dedicato ai legami intergenerazionali che ha scelto come città d’elezione Firenze.

Il tema di quest’anno è “Oltre le Frontiere: Cultura e Generazioni“.

La Cura partecipa alla kermess fiorentina con un workshop di due ore dedicato all’interface politics, nella sezione “Il Futuro è già ieri“, curata da Marco Stancati.

A pochi giorni dall’evento, abbiamo intervistato Marco per capire il senso della sezione e della presenza della Cura dal punto di vista del curatore

“Il futuro è già ieri”: perché?

Il titolo sottolinea la costante accelerazione che viviamo: prospettive che fino a ieri erano fantascienza, diventano realtà presente e in poco tempo appartengono già al passato. Soltanto 10 anni fa, lo smartphone non esisteva; oggi, con la sua pluralità di funzioni ha sostituito completamente i cellulari che già sembrano modernariato e che pure ci avevano fatto gridare al miracolo. E anche lo smartphone sarà sostituito dal device prossimo venturo.
Tutto questo esalta e disorienta nello stesso tempo: soprattutto i nati analogici alle prese con l’evoluzione della società iperconnessa che ha portato nuove conoscenze e consapevolezze ma ha anche travolto stili di vita e radicate certezze. Il rischio è quello che soprattutto i più anziani si isolino nel mondo de “ai miei tempi”, non vivendo più la contemporaneità che gli appare minacciosa. Finirebbero per vivere, in un certo senso, a loro insaputa.
Non deve succedere: lo scambio intergenerazionale di esperienze, memoria, visioni, approcci esistenziali è dialettica irrinunciabile. L’evoluzione tecnologica è un’opportunità, non una minaccia.
Tutti gli eventi della mia sezione mirano proprio a dare strumenti per guardare alla trasformazione intorno a noi con più consapevolezza e meno angoscia, parlando contemporaneamente a fasce di età molto diverse.
E poi “il futuro è già ieri” era un’espressione di mio padre per sottolineare l’accelerazione di un’altra epoca storica: quella del futurismo.

Una citazione, dunque?

È lessico familiare. Io sono l’ultimo di una famiglia numerosa. Mio padre era nato nel 1902. Negli anni venti era affascinato dalla poetica dei futuristi. Entrò in contatto con loro, anche come medico. In una lettera a un suo collega usava proprio questa espressione per sottolineare il clima di euforia e il senso di accelerazione costante che avvertiva nella frequentazione degli ambienti del futurismo.
Quando, settanta anni dopo, vide a casa mia il primo pc multimediale che si collegava alla rete ripescò quell’espressione, risentì “l’accelerazione”. Ecco da dove nasce il titolo della sezione.

“Oltre le frontiere:…” è il tema di questo Festival. Cosa lega le frontiere con le interfacce di cui ci occupiamo nel nostro workshop?

Le frontiere possono essere valicabili o possono essere barriere. Le interfacce possono essere amichevoli e facilitare il dialogo oppure possono essere ostili e chiuderlo. Così come la politica delle frontiere oggi rischia, di essere una politica di barriere, muri e fili spinati, la politica delle interfacce ancora troppe volte tende a escludere piuttosto che includere.

La Cura e la politica delle interfacce: come e perché possono aiutare il dialogo fra generazioni e creare “cultura”?

Nell’era digitale le interfacce si sono moltiplicate: non più soltanto quelle fisiche (lo sportello burocratico, quello bancario, il Cup dell’Ospedale, il banco del check-in, la biglietteria)… Quando accendo un pc o un qualsiasi device mobile, qualunque cosa io voglia fare, dovrò vedermela con una serie infinita di interfacce. Se queste sono costruite non per facilitarmi la vita, ma per esercitare una qualunque forma di potere (politico, economico, sociale, burocratico…) la mia quotidianità ne risentirà pesantemente. Occorre che analogici e digitali si alleino, mettendo in comune esperienze e competenze, innanzitutto per individuare vecchie e nuove interfacce prevaricatrici, dannose o semplicemente inutili e poi per trovare il modo per eliminarle, se superflue, o per riprogettarle se utili.
La cultura che ne deriva è quella dell’intelligenza connettiva; perché, ribadisco ancora una volta, c’è più vita a stare insieme.

In sintesi, perché La Cura al Festival delle Generazioni?

Perché è un approccio diverso e innovativo al grande tema della malattia; approccio coerente con l’economia della condivisione, e metafora di un modo di rapportarsi con qualsiasi problema cercando nella società connessa le risposte possibili.
Non a caso il workshop è inserito nella sezione più sperimentale di un Festival il cui organizzatore e promotore è FNP Cisl, un sindacato: la realizzazione di una società più consapevole e inclusiva, grazie alla Rete e alle sue infinite connessioni che mettono a disposizione di un numero sempre più grande di cittadini del mondo una quantità sempre maggiore di conoscenze, è oggi un obiettivo più possibile.